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La squadra viene infatti da Mostar, la città bosniaca che fu tra le più danneggiate durante la guerra in Jugoslavia. Nel 1993 lo storico ponte della città fu distrutto a colpi di cannone dai croato-bosniaci e le immagini fecero il giro del mondo.
Il Velez è divenuto così il simbolo dell'orgoglio dei bosniaci musulmani, il popolo maggiormente radicato alla città, in contrapposizione ai rivali cittadini dello Zrinjski, espressione dell'identità filo-croata. Il derby fra le due squadre di Mostar è quindi una sorta di prosecuzione ideologica delle posizioni adottate trent'anni fa durante la guerra. E per questo è considerato il più pericoloso del mondo.
Dopo un periodo tribolato il Velez è tornato in Europa e domani potrà sfidare un'altra formazione legata a doppio filo col drammatico periodo della guerra balcanica. L'AEK Atene, infatti, nell'aprile '99, organizzò un'amichevole benefica per sostenere le vittime del bombardamento su Belgrado da parte della NATO.
Era la parte finale del conflitto, con la Serbia ridotta in macerie dopo le stragi in Bosnia e Kosovo. E furono i greci dell'AEK a compiere un gesto solidale per regalare due ore di serenità e pallone alla gente di Belgrado, decidendo di giocare un'amichevole nella capitale serba contro il Partizan.
Il 7 aprile 1999 Partizan-AEK passò alla Storia come la Partita della Pace. Entrambe le compagini scesero in campo esponendo gli striscioni "Fermate la guerra", "fermate i bombardamenti" che scatenarono ondate di commozione ed applausi sugli spalti dello Stadion Partizan. Per un giorno, il calcio a Belgrado sconfisse la guerra. La gara durò poco più di un tempo: al 56', sul risultato di 1-1, il gioco fu sospeso per permettere ai tifosi di entrare in campo e abbracciare i giocatori di entrambe le squadre.
E' una memoria comune, quella di Velez ed AEK. Un diario di sofferenze e solidarietà, che domani potrà arricchirsi di un'altra pagina di storia. Soltanto calcistica, per fortuna.
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