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Il curioso caso dello 0-0: un must negli anni ’80, oggi una rarità. Ecco perchè

Lorenzo Topello

Negli anni '80 il pari a reti bianche prolifera in maniera incontrollata. Le difese italiane, del resto, sono ancora tra le più forti al mondo e per portare via la vittoria anche nei campi più complicati bisogna farsi in quattro. Da ricordare che il successo vale due punti, non tre. E che la Serie A si compone di 16 squadre, di cui 3 retrocesse a fine anno. Ecco perchè il punto non si disdegna mai: può muovere la classifica e condurre alla salvezza.

Nel 1980-81 si contano 44 pari per 0-0, più del 18% del totale delle gare. Il Brescia, su 30 partite, ne pareggia 17. E si salva. Nel 1982-83 il trend raggiunge la sua forma più esasperata. Sono 47 le partite totali che finiscono 0-0: una su cinque, in pratica, non vede gol segnati. E c'è chi col pari va a nozze: l'Udinese, su 30 partite, ne pareggia 20. E sfiora la zona Europa.

Tutto il decennio è solcato dall'abbondare degli 0-0; poi, nel 1988, un primo cambiamento. Le squadre di Serie A da 16 diventano 18 e le retrocessioni non sono più 3, ma 4. Per salvarsi, adesso, bisogna vincere: l'aumento delle retrocessioni fa paura alle squadre di medio-bassa classifica che non possono più permettersi di pareggiare una gara su due. Il canto del cigno dello 0-0 arriva proprio nel 1988-89: 58 pari a reti bianche, pari al 18,5 % del totale dei risultati. CONTINUA→

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